Malattia di Crohn

La malattia di Crohn è una Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale che colpisce il tubo digerente, con distribuzione segmentaria (a salti), in qualsiasi tratto gastrointestinale che può comprendere dalla bocca all’ano. Il percorso clinico e l’esordio della malattia potrebbero essere diversi per ogni paziente e dovrebbe essere eseguito un inquadramento a 360 gradi attraverso un’accurata anamnesi, esami ematochimici e strumentali per dare il vero volto a questa malattie “dalle mille facce” e stabilire la strategia terapeutica.

  1. Famigliarità. La malattia di Crohn non è una malattia geneticamente trasmessa ma studi epidemiologici hanno dimostrato che esiste una maggiore frequenza nell’ambito dei gruppi famigliari. In una famiglia in cui sia già presente un caso conclamato, la possibilità di riscontrare altri casi di M.I.C.I. è maggiore rispetto a quella della popolazione generale. In realtà questa affermazione non dovrebbe creare allarmismo ma prestare maggiore attenzione sui sintomi premonitori ed effettuare una diagnosi precoce.
  2. Fumo di sigaretta. Il fumo di sigaretta rappresenta, allo stato attuale, l’unico fattore che la comunità scientifica associa come aggravante durante l’esordio e il percorso della malattia. L’abitudine del fumo si associa a un decorso più severo e, secondo molti autori ed esperti, una percentuale variabile del fallimento delle terapie.
  3. Farmaci Anti-Infiammatori Non Steroidei (FANS). Questi farmaci non sono correlabili alle cause della malattia ma ne viene sconsigliato l’uso dal momento che possono determinare un peggioramento della patologia e a volte una riacutizzazione più severa.
  4. Paese Industrializzato. Dagli studi epidemiologici risulta che le M.IC.I. sono più frequenti nei paesi occidentali o comunque più industrializzati; la probabile causa risiede nelle abitudini alimentari e nei fattori ambientali.
  5. Etnia. Qualsiasi gruppo etnico può essere colpito da tale patologia, tuttavia gli studi hanno messo in evidenza che alcuni gruppi hanno una maggiore percentuale di rischio rispetto ad altri, questo è il caso delle popolazioni nord europee e del gruppo di discendenza ebraica Ashkenazi.

La malattia di Crohn è una patologia che può colpire un qualsiasi tratto del tubo gastroenterico dall’ano alla bocca; alcune sedi sono più frequentemente colpite e pertanto la strategia terapeutica è diversa. Le sedi più frequenti in maniera decrescente sono quelle ileali (ultimo tratto dell’intestino tenue), Ileo-colichecolicheperianaleileo-digiunali. Con minor frequenza possono essere colpite le sedi del tratto gastroenterico superiore (esofago, stomaco e duodeno).

A causa proprio della variabilità delle lesioni, la malattia di Crohn si presenta in maniera diversa da paziente a paziente. Possiamo distinguere 3 tipi di lesioni che influenzano il percorso e determinano la sintomatologia.

  1. Lesioni di tipo infiammatorio. A questa categoria sono attribuibili le lesioni che noi distinguiamo sulla mucosa e sotto-mucosa durante l’esame endoscopico. Si tratta di ulcere le cui dimensioni variano da pochi millimetri (aftoidi) fino a diversi centimetri e la loro caratteristica è quella di presentarsi in modo segmentario e non continuo. 
  2. Lesioni di tipo Fibro-stenosante. In realtà la malattia di Crohn si presenta come un Iceberg. È una malattia che si sviluppa a livello della parete del tratto colpito determinando un processo infiammatorio che poi diventa produttivo creando degli ispessimenti. Tali ispessimenti possono evolvere in quadri di stenosi o sub stenosi creando una sintomatologia di sub-occlusione o una vera e propria occlusione. 
  3. Lesioni di tipo fistoloso. Lo stato infiammatorio è cosi intenso che attraversa in maniera trans-murale la parete dell’intestino e, oltrepassandone la sierosa (ultimo strato), si diffonde ad altre anse dell’intestino o ad altri organi. In tal maniera si crea una comunicazione tra le anse o tra l’ansa e l’organo, con formazione di fistole e ascessi.

Il tipo e la severità della sintomatologia del paziente possono essere variabili e dipendono dalla sede, dall’estensione e dalla tipologia delle lesioni. I sintomi più frequenti sono: diarrea cronica intermittentedolore addominale cronico che può determinare il risveglio notturno e non regredisce con la evacuazione, rettorragia e tenesmocalo ponderale con anemia e stanchezza cronica e nei quadri evoluti la comparsa di fistole perianali.

Il decorso della malattia è caratterizzato dalla cronicità e dalla ricorrenza con periodi di remissione alternati a periodi di riacutizzazione.

L’esordio potrebbe essere variabile con diversa severità della sintomatologia e può colpire qualsiasi età, sesso o condizione sociale. L’età però rappresenta uno dei fattori aggravanti in quanto nella evidenza clinica è stato constatato che più giovane risulta il\la paziente più aggressiva si presenta la malattia.

Ritardo della Diagnosi.

Uno dei punti cruciali che viene condiviso dalla comunità scientifica e degli esperti è il problema della diagnosi ritardata (da 1 fino a 5 anni dall’esordio dei sintomi), che determina un ritardo anche della terapia imponendo l’impiego di terapie di un livello già superiore. Per questo motivo diventa fondamentale saper riconoscere eventuali sintomi che risulterebbero meritevoli di approfondimento diagnostico.

Le complicanze nella malattia di Crohn sono condizioni dove esiste un peggioramento della patologia stessa con evoluzione in diversi quadri clinici. Si possono così verificare complicanze come ostruzioneperforazioneemorragiapresenza di fistole o ascessi. A volte un morbo di Crohn non diagnosticato potrebbe esordire con una complicanza quale una ostruzione ed essere diagnosticato solo dopo l’intervento chirurgico.

La malattia di Crohn, alla luce della sua condizione immunologica, molto spesso si potrebbe correlare anche a manifestazioni extra-intestinali che possono essere delle vere condizioni patologiche. Sono dei quadri che più spesso si presentato nei pazienti giovani e a volte potrebbero precedere l’esordio della malattia dal punto di vista intestinale. Le manifestazioni extra-intestinali includono:

  1. Cutanee: eritema nodoso e pioderma gangrenoso;
  2. Articolari: sacrolieite, spondilite anchilosante e artrite;
  3. Oculari: uveite, iridociclite ed episclerite;
  4. Urogenitali: Calcolosi renale.

La diagnosi della malattia di Crohn, come è stato già anticipato, deve essere eseguita il prima possibile per dare la possibilità allo specialista di creare una strategia terapeutica “ad personam”. A causa della molteplicità ed eterogeneità dei casi (la malattia dalle mille facce) la diagnosi deve essere molto accurata al fine di stabilire la sede, la estensione e il tipo di malattia.

Il paziente che presenta il sospetto di una malattia infiammatoria cronica intestinale deve essere indirizzato dal medico di famiglia, figura fondamentale nel riconoscere i sintomi di allarme, da uno specialista gastroenterologo per iniziare l’iter diagnostico.

Gli esami richiesti sono i seguenti:

  • Esami ematochimici: emocromo con formula, indici di infiammazione (ves, pcr fibrinogeno), enzimi della funzionalità renale epatica e pancreatica, elettroliti;
  • Esami su feci: oltre la coprocoltura parassitologico e ricerca di miceti su feci, la presenza di positività di sangue occulto nelle feci rappresenta indicazione per eseguire esami endoscopici. Gli specialisti del settore, gastroenterologi dedicati, richiedono anche la calprotectina fecale. Si tratta di un esame con una sensibilità molto elevata per presenza di MICI e può essere utilizzata anche per valutare l’andamento della malattia;
  • Esami strumentali
  1. Colonoscopia con ileoscopia retrograda: Si tratta dell’esame cardine per la diagnosi perché valuta la presenza di lesioni tipiche della malattia sulla mucosa. Attraverso le biopsie, con l’esame istologico l’esperto anatomopatologo riconosce delle alterazioni strutturali tipiche della malattia. Tale esame permette anche di tenere sotto controllo la possibile presenza tumorale, dal momento che i pazienti affetti da M.I.C.I. presentano un fattore di rischio maggiore in confronto alla popolazione generale;
  2. Entero Tac o Entero RMN (risonanza magnetica): Si tratta di un esame altrettanto importante che molto spesso viene indicato sin dall’inizio dell’iter diagnostico in quanto mette in evidenza le alterazioni che si presentano all’interno della parete intestinali non visionabili con la colonscopia. L’ispessimento infiammatorio della parete intestinale spesso può rappresentare un quadro più evoluto in confronto a ciò che si visiona macroscopicamente con l’esame endoscopico (il paradigma dell’iceberg);
  3. Ecografia Intestinale: Esame importante per il follow up della malattia (monitoraggio del percorso clinico). Attraverso l’utilizzo dell’ecografo (non invadente e esente da radiazioni) un operatore esperto mette in evidenza le alterazioni che si presentano sulla parete dell’intestino. L’efficacia di tale esame, però, risulta essere operatore dipendente;
  4. Ecografia Trans rettale: Esame ecografico che permette di visionare e valutare la presenza di fistole perianali;
  5. Rx addome: Esame radiologico che mette in evidenza la presenza di livelli idro-aerei (condizione in caso di occlusione) o la presenza di aria libera in addome (condizione in caso di perforazione).
  6. Questo tipo di esame endoscopico è indicato spesso per completare la visione a 360° gradi richiesta dallo specialista per valutare la presenza di lesioni del tratto superiore;
  7. Videocapsula endoscopica: Questo tipo di esame valuta e mette in evidenza, attraverso l’utilizzo di una videocapsula che registra il suo intero percorso lungo il tubo gastroenterico, le eventuali lesioni o alterazioni della mucosa dell’intestino tenue e crasso;
  8. Enteroscopia a singolo e doppio pallone: Esame endoscopico che permette il raggiungimento di sedi dell’intestino tenue per eseguire prelievi bioptici ed eventuali trattamenti (dilazioni endoscopiche).

Lo specialista, dopo aver visionato gli esami e alla luce del quadro clinico del paziente, delle caratteristiche individuali, dell’eventuale presenza di altre patologie, valuterà la strategia terapeutica che, come anticipato, sarà personalizzata con un obiettivo ben specifico da portare a termine.

I farmaci che vengono utilizzati sono i seguenti.

  • Aminosalicilati. Sono farmaci antiinfiammatori specifici per l’intestino. Il 5-ASA noto come mesalazina viene utilizzato in diverse formulazioni (topiche o per via orale con rilascio in sedi specifiche) in quadri di patologia lieve o mantenimento. Gli studi clinici hanno dimostrato una minore efficacia nelle localizzazioni ileali. In passato veniva utilizzata anche la sulfasalazopirina ma, a causa della sua ridotta efficacia antinfiammatoria intestinale, ha indicazione di utilizzo nei quadri di MICI che presentano anche un coinvolgimento articolare;
  • Corticosteroidi. Farmaco efficace per determinare la remissione clinica di un esordio di patologia o di una riacutizzazione e che per anni ha rappresentato l’unica terapia per le MICI. Le formulazioni possono essere topiche o per via orale e hanno indicazioni specifiche e per brevi periodi di terapia. A causa dei loro effetti collaterali a lungo termine, la comunità scientifica ha una politica terapeutica “Steroid-Free” e prevede l’utilizzo di tali farmici solo quando necessari;
  • Immunomodulatori. Sono farmaci immunosoppressori, tra questi vi sono le tiopurine (Azatioprina e 6-mercaptopurina) che hanno indicazione nell’utilizzo nelle MICI come terapie di mantenimento dopo aver indotto la remissione. La loro azione si esplica nel tempo e l’ottimizzazione del dosaggio e dell’efficacia terapeutica richiede almeno dai 3 ai 6 mesi di terapia. Il loro utilizzo, prima della sospensione, varia dai 3 ai 5 anni. Prima dell’utilizzo da parte dei pazienti, a causa dell’effetto immunosoppressore di tali farmaci, vengono richiesti degli esami di screening specifici e uno stretto follow up iniziale per individuare eventuali effetti collaterali;
  • Biologici. L’avvento dei farmaci biologici ha cambiato la visione e la prospettiva terapeutica delle MICI. Si tratta di farmaci in grado di modulare selettivamente il rilascio o l’attività di alcune molecole responsabili della risposta antinfiammatoria. Sono anticorpi monoclonali che hanno come target citochine o molecole specifiche della cascata infiammatoria. Allo stato attuale i farmaci biologici sono i seguenti:
  1. Anticorpi monoclonali contro il fattore Tnf-a (Tumor necrosis factor-a): Tra questi il primo è stato l’Infliximab con infusione endovenosa, Adalimumab somministrazione sottocutanea. Entrambi hanno come indicazione per la malattia di Crohn medio severa;
  2. Anticorpo monoclonale contro le integrine (a4b7): Vedolizumab che si presenta con maggiore selettività per il tratto gastroenterico e si somministra per via endovenosa, indicazione malattia di Crohn medio-severa;
  3. Anticorpo monoclonale contro le interleuchine o loro subunità: Ustekinumab anti IL12\IL23, già utilizzato per malattie come la artrite psoriasica e psoriasi a placche, si somministra per via endovenosa durante la induzione e per via sottocutanea per il mantenimento, indicazione come biologico di seconda linea nel Crohn con malattia medio-severa.

Si ricorda che l’attenzione della comunità scientifica e delle aziende farmaceutiche è sulla creazione di nuovi farmaci biologici con maggiore selettività ed efficacia.

  • Antibiotici: Alcuni antibiotici (metronidazolo e ciproxin) presentano una indicazione nella malattia di Crohn ileo colico, pazienti con resezione chirurgica ileocolica, malattia perianale e presenza di malattia complicata da ascessi;
  • Probiotici: Per quanto allo stato attuale in letteratura non c’è una vera evidenza clinica dell’efficacia dell’utilizzo dei probiotici (a parte l’utilizzo di VLS#3 nelle pouchiti), nell’esperienza clinica vengono usati per mantenere l’omeostasi della flora batterica intestinale e il microbiota.

La scelta terapeutica nella malattia di Crohn dipende dai diversi fattori sopra indicati e può essere:

  1. Step Up graduale con l’evoluzione della patologia e il fallimento terapeutico dei farmaci di primo e secondo livello
  2. Top Down molto più aggressiva a causa dello stato di severità della patologia iniziando con il biologico per poi, nella fase di remissione, passare eventualmente ad una terapia di mantenimento con le tiopurine.


Chirurgia.

La chirurgia per la malattia di Crohn rappresenta una scelta terapeutica di elezione e non solo d’urgenza. Diversi studi hanno dimostrato che un intervento programmato in casi specifici dà la possibilità allo specialista di eliminare una complicanza e di eseguire una strategia terapeutica medica con eventuale maggior efficacia. La chirurgia delle MICI pertanto è una chirurgia molto complessa per la tipologia delle lesioni e del paziente e pertanto deve essere eseguita da chirurghi esperti presso centri dedicati.

A cura del
dott. Roberto Spyridon Bringiotti